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Il Traditore (2019) - Marco Bellocchio

27 maggio 2019 | commenta

Bellocchio non rinuncia a scrivere la storia. Misura quanto è il tempo di persistenza del ricordo ed introduce il nostro punto di vista per arginare il revisionismo e la negazione del senso dei fatti.
Se dal tappeto rosso il film fosse sceso vincitore, il potere del successo (della televisione) di generare mitologia fantastica sulla sconfitta di Cosa Nostra e la demenza sarebbero aumentate.
I problemi creati dagli uomini vengono risolti dagli uomini, ma gli umani che estingueranno la criminalità organizzata non ci sono ancora, e ce ne accorgiamo dalla politica, non dalla giustizia.
Ora sappiamo che non esiste il Male, ma la malattia della mente, tutto quanto ha successo acquista la verità della fede, la credulità di una visione superinformata.
Bellocchio non è falsificabile: non ci sono narrazioni alternative della verità.
Egli lavora alla stabilità della memoria-fantasia come la sua cultura psichiatrica e la sua cura gli consentono.
Il mafioso Riina propone la vulgata di una grande fedeltà quale cifra araldica della natia Corleone: mamme, mogli, nonne già vedove a 30 anni. Competere con la fabbrica nel produrre vedove, elemento essenziale per la costruzione dell'apologia della famiglia tout court. Non era l'emigrazione in Germania la fabbrica delle vedove bianche?
Riina dice sempre di no. Ordina l'annientamento fisico, non si vanta mai, non è mai fatuo. E' essenziale, terrorizza. Quando è in gabbia lo scetticismo lo deride, come a sua volta l'avvocato Coppi schianta Buscetta per aver dedotto la colpa di Andreotti.
Il delitto è negare dignità di prova all'intuizione e alla deduzione, è voler equiparare le prove giudiziarie e l'incidente probatorio all'evidenza del disumano e della pazzia razionale e organizzata di Cosa Nostra e della Mafia. Non si può pensare di documentare con la foto del bacio di Andreotti a Riina una complicità delittuosa, significherebbe accettare che esiste Cosa Nostra e non la Mafia, significherebbe che Cosa Nostra e la Mafia assorbono tutta la patologia del familismo amorale.
No. Il familismo viaggia dolosamente nella normalità della santificazione dei ruoli, nell'apologia della verità ottenuta per sacrificio e immolazione. Se vuoi avere ragione devi morire.
La Mafia è la sublimazione dell'attitudine predatoria dell'economia domestica, il più antico dei made in Italy nostrani.
E' impossibile violare la normalità di prepotenza e bramosia perfezionata in una quindicina di secoli davanti ai milioni e ai miliardi di Palermo capitale dell'eroina mondiale.
La cultura della mafia e di Cosa Nostra condivide con la procedura del paradigma investigativo la Coscienza e per essa è vero solo ciò che cade sotto lo sguardo. Ciò che è nascosto, si nega o si annulla: non esiste.  
Da questo punto di vista non solo il carcere è inutile, ma scuola di perversione e teatro.
Puricinnillate dicono i criminali; Buscetta è, per la difesa di Andreotti, inattendibile e buffone, il vero e unico colpevole, per di più immorale.
Don Masino, come molti in tante occasioni, è colpevole di non saper distinguere ciò che è nascosto, occulto, segreto da ciò che è latente, ciò che non è ancora accaduto e che l'interprete deve far accadere. Ciò che è successo, e si può ricordare o dimenticare, da ciò che è vero, trovato dalla fantasia pertanto reale.
Il regista, complice il talento di Favino, compie dei veri e propri salti mortali per non esasperare la nostra immedesimazione di spettatori inermi col protagonista.
Una domanda cruciale sarebbe qual è la materia del tradimento: la vedovanza delle donne corleonesi? Il codice di onore d'una mafia antica mai esistita? O, piuttosto, una fede politica condivisa che intellettuali ultrasettantenni non vogliono abbandonare? Basta morire nel proprio letto per un grande criminale a mitigare la colpa del tradimento? E se tutti i crimini venissero dalla fede, dalla pervicace volontà di conservare il più antico degli ideali abbracciati? Per esempio, la convinzione che il pensiero politico sia l'unico luogo di sperimentazioni di un pensiero nuovo e rivoluzionario? Comunque, socialisti si nasce ed alla nascita bisogna chiedere.
L'ambizione dell'autore nella sua opera di storificazione è introdurre elementi di vita privata, sessuale, relazionale: la moglie ubbidisce, le mogli ubbidiscono, all'istante senza discutere, se si intraprendono imprese utili e mortali  l'eros coniugale non scema.
Ricostruendo biografie non si può non scrivere autobiografie. Bellocchio finisce per parlare un po’ di sé. Andreotti, Buscetta, Falcone, Di Gennaro, gli avvocati, le mogli non hanno mai un accento di fatuità, sono normalissimi, perfetti. Conoscete qualcuno più normale di Andreotti?.
Il realismo politico, Cosa Nostra mostrano la scienza del sistema familiare nel correggere la molestia, la sbruffoneria del maschio, la sua libidine criminosa con la modestia, con il realismo della normalità e dell’accudimento dei picciliddri, perfino nel" cumannari è megliu che futtire" c'è traccia di questa saggezza e opportunità di ruolo.
In questi giorni qualcuno scrive dell'utilità del tradimento, Giuda nel Getsemani svolse opera santa e meritoria, magari i mariti e le mogli tradite non sarebbero altrettanto d'accordo.
Sarebbe il tradito che spinge al tradimento, vittima e colpevole parificati dalla necessità del proprio ruolo, ognuno al suo posto. Tradire per non fallire. L'astuzia sopraffina dell'inconscio freudiano, la bestia astuta che sta dentro di noi è la verità. Falso! C'è il tradimento e c'è il cambiamento, c'è tradimento se non c'è cambiamento. Buscetta non è cambiato, lo sa e lo ha sempre saputo. Non è proponibile come eroe. Il pentimento non garantisce il cambiamento e la trasformazione del soggetto. Esso è, piuttosto, simile al miracolo invocato ai funerali dagli orfani e dalle vedove.
Bellocchio sa del cambiamento e della trasformazione. il Giudice viene ucciso perché non cambi. I Santi non servono.


Goffredo Carbonelli