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La Verità Sta in Cielo di Roberto Faenza

26 ottobre 2016 | commenta

La verità per il credente ha una prova sicura, la verità ha un tragitto certo, deve attraversare la grata del confessionale, il più lungo percorso per la voce, dalla bocca umana all’orecchio di dio. La verità resta nel ricordo dell’ascoltatore santo, la sincera contrizione ha l’oblio come premio al penitente. Una grande invenzione, il funzionario del sacramento è dio, la comunicazione non può essere mai disturbata.
                Papa Pio XIII di Sorrentino, come prima riforma dopo la sua elezione al seggio di Pietro, impone un miglioramento della Radio Vaticana. Lo stesso Young Pope dice di gradire molto i confessionali, anche a me piacciono, una chiesetta nella chiesetta, da secoli la telecamera nascosta più sincera, inginocchiandosi si entra nella macchina del tempo, il Medio Evo. Faenza prova terrenamente a raccogliere le schegge della cronaca, la verità sulla storia di Roma come storia d’Italia, con filo conduttore il caso Orlandi. Alla fine vedremo che la verità non esce dalla città santa, resta secretata negli archivi del Vaticano. Il papa la sa, Emanuela è in cielo, come se la questione fosse la vita o la morte della ragazzetta. Diciamo la verità, il santo padre che sussurra al fratello della scomparsa ha per un attimo una sfumatura irrisoria, invita i familiari, gli unici che hanno titolo a sapere, a rassegnarsi. Nelle segrete stanze è registrato come stanno le cose, i bravi fedeli stiano tranquilli.
Siamo lontani dalla coscienziosa preoccupazione di Wojtyla all’omelia in piazza San Pietro.
                È un film dissonante con il coro generale. Non c’è più la guerra fredda, in Italia solo il Vaticano continua ad avere una politica estera, per giunta ecumenica. La pietà per i bruciati dalla nafta nei barconi di Lampedusa fa la nostra politica estera. Dal divo Giulio alle percentuali di Moscovici, odio essere costretto ad avere pietà degli esseri umani.
 Il ministro o l’alto rappresentante internazionale dell’Italia possono aderire alle linee guide del pastore di un miliardo di anime, silenziosamente e in modo ingenuo, la condizione di essere pio e credente è obbedienza mai palese.
Faenza insiste con un film politico sulla nazione, sugli intrighi dorotei, su Andreotti, Sindona, etc. E ne avremmo giustificato, per la noia e la ripetitività delle vicende, la veloce sparizione dalle sale. Il film non c’è più, non è più in programmazione almeno in Toscana, mi pare. L’autore ci conforta nel non affidare a Bruxelles il compito di essere l’espressione autentica di una possibile politica comune europea, ci pensa la Chiesa, non smetterà mai di voler essere l’Occidente.
                L’aveva detto nell’intervista TV a Pippo Baudo domenica 16 ottobre, ...ragazzi fate presto ad andare al cinema perché con l’aria che tira non dura nelle sale... Così è stato, Cafè society di Allen imperversa da più di un mese, in buona compagnia con l’allegra procreatività di Brìdget Jones. Non conosco le leggi della distribuzione, forse il suo ritiro era stato programmato.
                Un’altra notizia ci ha partecipato Faenza, lo Stato della Chiesa dice di non avere nessun dossier sulla ragazza, il caso più interessante di scomparsa insieme a quello della pisana Ragusa, ore e ore di elucubrazioni e spettacolo in Chi l’ha visto, non hanno documentato alcun materiale investigativo nel più grande museo abitato e senza bambini d’Italia.
                Il nostro autore sostiene una concezione della verità come espressione reale, pubblica, democratica. La verità deve essere consumata nel rapporto, deve coincidere con l’evidenza naturale, come sono andati i fatti non può essere lasciato all’interpretazione personale, la verità deve avere vita brevissima, la potenza della sua accessibilità sciogliersi nell’istante della rivelazione, niente verità eterne, epifanie, rivelazioni, bocche della verità. La verità è il tempo presente.
L’altra concezione della verità ha in appalto l’eternità, la vera vita è dopo la sofferenza dell’anima di indossare lo scafandro del corpo. La verità può essere rivelata solo da dio.
                Valentina Lodovini è brava e ha un bel seno, Maya Sansa occhi felici, sobria ed altrettanto femminile. Sempre congrue nessun cedimento allo stupefacente, forse un po’ indebolite dalla consapevolezza che il docu-film è materia rara nel nostro cinema, un genere di cui eravamo maestri e parente del neorealismo. Difficile sostenere non solo un’idea terrena e storica della verità, ma anche del successo. Faenza dimostra che si può affrontare la televisione sul suo terreno e batterla, ogni chiosa, ogni aggiunta di libera fantasia è giusta e più reale dell’informazione generalista. In questo film non c’è traccia di compiacimento per la complessità delle psicologie descritte, lo psicologismo, non c’è fatuità. Si c’è qualche concessione allo spettacolo, la relazione di Scamarcio con la povera tossica… Fortunatamente  lì, non è stata richiesta alcuna empatica compassione.
Vorrei rammentare come la sequenza delle vicende private e romane, venga fatta iniziare con la politica estera del papato di Wojtyla, abbattere il regime comunista della Polonia, sovvenzionare i libertari anticomunisti. Dal che la catena Calvi e il ponte londinese dei Frati scuri, Sindona e la tradizione del caffè al cianuro. Le donazioni dei criminali alle opere di carità, Renatino de Pedis e la protezione del cardinale Marcinkus. L’anticomunismo ha avuto un costo notevole. Allo IOR non si prestano soldi, si donano, si deve gioire della discrezione e della giustizia con cui la saggezza cardinalizia destina i fondi per le missioni nel mondo e per le mense agli immigranti. Perfino la Mafia non è sorda a questo precetto.
                Alla fine la giustizia terrena e quella ultraterrena si confrontano. Il cardinale lamenta l’insostenibile pressione di frange cattoliche ultraesigenti, per l’errore del suo collega di far seppellire il malavitoso in Sant’Apollinare ed auspica l’intervento dei Carabinieri per mostrare la civile sottomissione della Chiesa al governo democratico dello Stato. Il pio giudice chiede uno scambio, il dossier su Emanuela, l’Eminenza accetta si stringono la mano. Lo Stato fa il suo dovere, la salma viene spostata, il dossier non giunge mai al Palazzo di Giustizia, le dichiarazioni del prelato che la giustizia terrena debba fare il suo corso non si realizzano, nessuno conoscerà ciò che si custodisce negli archivi del Vaticano. Inequivocabilmente arrivati alla prova del giudizio di dio, la gerarchia delle due giustizie duramente si rinnova, l’unico tribunale è quello divino e la coscienza umana è la sua aula terrena. La ragione sta nella innocenza del credente, i fedeli e gli elettori fedeli necessitano di essere tutelati, ci sono cose che debbono costituire la normalità come igiene mentale, segreti che nascondono l’evidenza, necessari al mantenimento della pretesa della religione di essere l’unica cura della mente umana da almeno duemila anni.

 

Goffredo Carbonelli